Al Fuorisalone 2018 la tecnologia c’è ma non si vede.
Mobili, applicazioni, abiti e oggetti tendono sempre più a sparire per diventare frictionless, impalpabili.
Se fino a qualche tempo fa il design si caratterizzava per una ricerca materica in grado di appagare la vista, venendo incontro a quelle che erano le esigenze funzionali del mondo contemporaneo, agli spazi, ai tempi di fruizione e anche a una certa idea di status symbol, il design oggi è divenuto uno spettacolo che vuole entrare nel quotidiano in modo quasi trasparente, digitale, in cui la materia si minimizza per lasciare spazio all’esperienza.
Milano Design Week ha raccontato un design contemporaneo che sembra ora maturo e consapevole del fatto che le persone non ricercano attraverso di esso l’ostentazione edonistica ma una nuove forme di vita caratterizzate anzitutto da interazioni e connettività. Oggetti digitali che ascoltano, intuiscono, dialogano con i nostri movimenti. Connessioni che non hanno più bisogno di personalizzazioni lato utente in quanto oggi sono le macchine stesse a personalizzare per noi la nostra esperienza a partire dai nostri comportamenti. Un esempio davvero riuscito di spettacolarizzazione della tecnologia è senza dubbio quello di Sony con “Hidden Senses”.
La mostra è composta da cinque case study. Ogni stanza stupisce con materiali in cui compaiono e scompaiono proiezioni al nostro passare. I quadri non sono che cornici che vengono apposte a pareti magnetiche su cui “magicamente” appaiono fotografie. Ogni stanza nasconde “sensi nascosti” che vengono via via rivelati a partire da concept astratti per poi materializzarsi in esempi di applicazione contestuale. Cubi di legno divengono moderni mouse privi di tasti, specchi fotografano il nostro viso per restituirlo proiettato (e rielaborato) sulla madia dell’ingresso, vasi con un bocciolo di fiore creano suggestive ombre piene di petali dischiusi anticipando il futuro nella sua attualizzazione al di là di ogni delirio utopico o dispotico.
Tecnologia e design dialogano in equilibrio anche secondo Google’s Design Studio, a fianco dei meravigliosi spazi della Galleria Rossana Orlandi, che propone Softwear una serie di oggetti morbidi al tatto, tessuti che si adattano flessibili come gli ambienti in cui lavoriamo per renderli adatti allo sviluppo di un pensiero creativo. Così gli antichi arazzi vengono sostituti da intrecci che raffigurano notebook e smartphone, l’angolo del tè accoglie lo spazio per una cassa wireless e le cromie dai richiami nordici si abbinano con il design dei nostri device. Visibile-invisibile, materiale-immateriale: il digitale è entrato nelle nostre vite.