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Fare Marketing smettendo di fare marketing

Fare Marketing smettendo di fare marketing
#Marketing #Idee

Può sembrare una provocazione ma per fare marketing in modo efficace occorre smettere di fare marketing, almeno per come l’abbiamo immaginato fino a ieri. Da qualche tempo infatti, e in modo sempre più evidente, si affacciano nuove esigenze e nuove sfide specie per i professionisti in ambito digitale e le risposte non possono essere le stesse.


Quando rimetto a posto la cartella in archivio trovo reperti di archeologia della comunicazione digitale. Corsi progettati solo qualche anno fa risentono di invecchiamento precoce, piani di social media marketing del 2016 scoloriscono a fronte della multiforme realtà attuale. Pochi ambiti infatti hanno conosciuto un’accelerazione tanto esponenziale. Miliardi di dollari, miliardi di utenti, milioni di brand per potenziare, istruire, ampliare, rinnovare costantemente un sistema globale che ha cambiato per sempre le nostre vite.

Business model, business plan, funnel, buyer personas, touchpoint, messy middle, tiktokizzazione, AI, web semantico e metaversi sono oggetto di confronti quotidiani, infinite video call, corsi di formazione e festival. Siamo stati bravi a navigare in questo oceano e a sopravvivere a crisi finanziarie, nuovi algoritmi e formati verticali. Abbiamo imparato ad analizzare i fabbisogni, intercettare i trend, definire obiettivi misurabili, pianificare campagne ads e redigere i migliori report. 

Ma c’è un “ma”

E non è un “ma” tra i tanti. Non si tratta tanto di ottimizzare tempi, budget, risorse o aggiornare il sito in conformità al GDPR quanto piuttosto di cambiare radicalmente punto di vista.

Io posso portare sul tavolo il miglior piano marketing del mondo, confezionato con i loghini, i grafichini e le prospettive di sviluppo più brillanti ma se il titolare non dialoga con i dipendenti, la nuova risorsa assume funzioni di cui non ha esperienza o il collega dell’ufficio a fianco non ti mette in copia nella corrispondenza con il fornitore, difficilmente questo piano avrà successo. 

cambiamento

L’elemento più preoccupante è che non capiremo nemmeno i motivi che ostacolano il raggiungimento degli obiettivi (d’altronde il rapporto era perfetto e all’ultima riunione eravamo tutti allineati) e avanzeremo bizzarre ipotesi per spiegare il fallimento, arrivando forse addirittura a dubitare della bontà delle persone con cui collaboriamo.

Fortunatamente, nel tempo ho avuto la possibilità di incontrare maestri che mi hanno aiutato a crescere e ai quali sono molto grato. Persone con vissuti molto diversi, opinioni e stili di vita apparentemente inconciliabili ma accomunate dalla stessa idea di responsabilizzazione individuale e sociale. C’è chi pratica meditazione, chi prega, chi bestemmia e chi studia Nietzsche ma credo che tutti loro vivano l’esperienza umana con lo stesso spirito.

Noi creiamo la nostra realtà

Non si tratta di una maldestra teoria new age, di cadere in una visione solipsistica egoriferita condita da manie onnipotenza e ancora meno di un nuovo Umanesimo. Si tratta piuttosto di capire come ogni fenomeno che osserviamo è anzitutto un fenomeno che osserviamo. Mille autori hanno spiegato questo concetto in modo più esaustivo e convincente di come potrei farlo io per cui non mi soffermerò in merito. Ciò che mi interessa qui è spiegare come da Eraclito a Buddha ci venga detto che di fondo il carattere è il nostro destino, ἦθος ἀνθρώπῳ δαίμων, e l’intenzione che profondiamo nelle nostre azioni, nelle nostre parole e nei nostri pensieri partecipa alla creazione della nostra esperienza. In tutto questo l’ego può giocare brutti scherzi perché, che esista o meno qualcosa chiamato “Io”, è fuori questione che in Occidente sia ampiamente sopravvalutato. I nostri fastidi svaniscono nel nulla a fronte dell’immensità dell’Universo e la nostra vita, per quanto lunga possa essere, è una scoreggia, come dice una mia cara amica.

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Cosa c’entra tutto ciò con il marketing e lo sviluppo di impresa?

Proviamo a immaginare uno scenario in cui le dinamiche di impresa vengano discusse e chiarite per tempo, in cui i malumori e le incomprensioni possano emergere ed essere esplicitate senza alimentare guerre fredde e faide intestine, in cui la tossicità venga rimossa all’origine. Cosa otterremmo? Difficile presentare un bilancio con numeri e tabelle ma verosimilmente potremmo focalizzarci maggiormente su ciò che è realmente importante per noi e per la nostra impresa, cogliere opportunità inattese e soprattutto non sprecare tempo ed energie. A quali risultati potrebbe condurre l’implementazione di una visione ego-eccentrica?

Sappiamo quanto sia facile cadere nella tentazione di un commento inappropriato, di un giudizio affrettato, di risentimento per una critica. È facile, è un attimo scivolare verso le sfere più basse fatte di lamentele, invidie, sotterfugi e orgoglio. Basta poco per seminare incomprensioni, rancore, competizione, malessere. A distruggere un raccolto basta una gelata.

Se pensiamo di essere dei buoni marketer perché facciamo presentazioni da urlo e riteniamo di aver tutto sotto controllo grazie al nuovo software gestionale stiamo sbagliando strada. Le persone e le dinamiche relazionali devono essere al centro della nostra attenzione perché la vera differenza è data dalla cura delle proprie emozioni, dall’ascolto, non solo delle parole dette ma nelle sfumature nel tono di voce, nello sguardo. Solo in un ambiente autenticamente armonioso potremo far germogliare progetti meravigliosi e solo così potremo remare insieme quando le onde si alzano. Viceversa saremo sempre in allerta e poco collaborativi.

Se abbiamo timore di qualche coltellata alle spalle come potremo essere sinceramente cordiali e disponibili? Come potremo portare a casa risultati soddisfacenti per tutti se intimamente nutriamo velleità carrieristiche anche a costo di danneggiare l’organizzazione in cui operiamo?

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Occorre cambiare prospettiva, ribaltare un vecchio impianto e cominciare davvero a parlare di Persone.

Per questo sto cercando nuove linee di lavoro in cui mettere una qualità diversa, più sottile, ancora più rispettosa, in cui lo scopo finale sia in sintonia con le forze e le condizioni a disposizione. Un marketing che sappia portare benefici a tutti.

Dopo aver compiuto ricerche su digital balance, processi cognitivi, marketing strategico e benessere di impresa oggi sto approfondendo altri aspetti che riguardano sempre più il modo di interagire e comunicare all’interno delle imprese persuaso del fatto che sia totalmente inutile comunicare all’esterno se non sappiamo chi siamo e se le relazioni interne sono inquinate.

Cominciamo a fare pulizia, con una buona diagnosi, andando a indagare le cause del malessere che affliggono le nostre giornate in ufficio per poi trovare rimedi efficaci. È un processo costante che non si esaurisce con un’ora di mindfulness o un weekend di team building (per quanto utili possano essere questi strumenti), uno sforzo gentile e al contempo deciso in grado di generare quel cambiamento reale di cui le imprese, che sono fatte anzitutto da persone, necessitano.

Un marketing efficace non può non considerare aspetti che vanno ben oltre lead generation, analisi benchmark e GA4.

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