Ogni giorno emergono nuove figure che promuovono un cambiamento nel rapporto con il mondo digitale. Psicologi, coach, agenzie e consulenti stanno solo seguendo un trend o hanno compreso qualcosa di più?
Il tema del benessere digitale non è certo nuovo. Personalmente me ne occupo da una decina di anni, organizzando eventi con il portale Digital Detox Design, con corsi di formazione per le scuole e per le imprese. Oggi pare che una nuova consapevolezza si stia facendo avanti ma affinché non sia rigurgitata dal mercato solo a fini commerciali occorre sviluppare una consapevolezza più profonda sui processi alla base di questa intossicazione digitale.
La parola del 2024: Brain Rot
Partiamo da una notizia recente. L’Università di Oxford ha eletto “brain rot” (“marciume cerebrale”) come parola dell’anno 2024. Questo termine sintetizza i rischi cognitivi derivanti da un uso eccessivo della tecnologia e descrive il deterioramento mentale causato dalla dipendenza da contenuti digitali superficiali o banali.
Il “brain rot” rappresenta il crescente malessere collettivo legato alla sovraesposizione digitale. In pratica, si tratta di un fenomeno che mina la nostra capacità di concentrazione, la nostra memoria e le facoltà di pensiero critico.
6 ore al giorno connessi a Internet
In Italia, passiamo in media 5 ore e 49 minuti al giorno connessi a Internet, secondo il rapporto Digital 2024. Questo significa sacrificare una porzione enorme della nostra giornata a favore dello schermo, spesso sottraendolo ad attività come lo studio, il lavoro, lo sport o le relazioni umane.
Ma che cosa facciamo durante tutto questo tempo? Consumiamo contenuti virali, meme, video divertenti, articoli (spesso poco affidabili) e contenuti pornografici, l’Italia è all’ottavo posto nel traffico globale su Pornhub. Questo uso compulsivo della tecnologia non è neutrale: ci condiziona profondamente.
Gli effetti negativi di una connessione costante
Una connessione continua ha conseguenze tangibili. La costante esposizione a notizie e stimoli digitali contribuisce all’aumento di ansia e stress. La luce blu degli schermi altera i ritmi circadiani, peggiorando la qualità del sonno e lasciandoci meno riposati.
Inoltre, le notifiche incessanti e il bisogno di rispondere immediatamente a email o messaggi consumano energia mentale e riducono la capacità di concentrarci sulle attività presenti. Persino le nostre relazioni ne risentono: lo smartphone, sempre a portata di mano, limita le interazioni, impoverendo i legami personali e la gratificazione sociale.
Perché il benessere digitale è la medicina necessaria
Il benessere digitale non è una moda, ma una risposta concreta a questa “marcescenza” tecnologica: significa acquisire consapevolezza dell’impatto della tecnologia e imparare a gestirla in modo sano. Ne ho parlato in occasione di Ennesimo Film Festival l’anno scorso e quest’anno in occasione della Giornata della Cittadinanza Digitale.
Ancora una volta un ruolo centrale è rappresentato dalla formazione. Attraverso corsi e attività di affiancamento è possibile ridurre la dipendenza da dispositivi e migliorare la concentrazione. I retreat di disconnessione offrono la possibilità di staccare completamente dagli schermi e riscoprire il valore del tempo offline, favorendo il contatto con sé stessi e gli altri.
Eventi dedicati, come workshop e conferenze, esplorano invece da diverse prospettive le dinamiche legate alla tecnologia e offrono strumenti pratici per bilanciare l’uso dei dispositivi nella vita quotidiana. A volte basta una serata al bar, come in occasione delle “Zero Signal Soirée” che sto organizzando in questi mesi: spazi che offrono l’opportunità per riappropriarsi del proprio tempo e migliorare il benessere mentale e relazionale.
Alle porte del cambiamento?
Nel 2025 il tema del benessere digitale dovrebbe diventare una priorità globale. Sempre più realtà stanno riconoscendo gli effetti negativi di una vita iperconnessa sulla salute mentale, fisica e sociale.
Supportati da studi accademici governi e aziende stanno provando timidamente a promuovere pratiche più equilibrate. Per esempio, alcuni paesi stanno già adottando regolamentazioni per limitare l’uso degli smartphone tra i più giovani, come nel caso dell’Australia. La sfida sarà trovare modalità che permettono un equilibrio tra i benefici della tecnologia e la protezione della salute pubblica.
In prima linea per il futuro
Il benessere digitale non è una moda passeggera, ma una necessità per affrontare l’intossicazione tecnologica che caratterizza il nostro presente e futuro. All’inizio occorre un po’ di impegno ma, attraverso strumenti pratici e una maggiore consapevolezza, possiamo trasformare il nostro rapporto con la tecnologia e costruire una vita più equilibrata e soddisfacente.
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