Recentemente ho parlato di cinema all’interno di un evento riservato a sponsor e sostenitori organizzato da Ennesimo Film Festival che ogni anno attira migliaia di spettatori e sviluppa decine di progetti nelle scuole. Per iniziare il talk mi sono posto una domanda: può il Cinema essere un antidoto all’iperconnessione?
La domanda può sembrare astrusa ma si può più facilmente comprendere se la poniamo in modo più semplice: riusciamo ancora a guardare un film dall’inizio alla fine senza interruzioni, messaggi Whatsapp e un momento per ricontrollare le mail? Credo che una risposta abbastanza condivisibile potrebbe essere: “A casa no, al cinema sì.” Questa semplice constatazione mi ha portato a riflettere sul Cinema e sul suo ruolo di cura nell’era della distrazione.
Il Cinema nell’Iperstoria
Da consulente mi sono accorto infatti che a volte manca la giusta attitudine all’ascolto. Siamo continuamente interrotti, sollecitati, sovraccarichi. Tutto questo non favorisce la possibilità di creare un ambiente ideale per sviluppare un pensiero divergente, creativo, fuori dagli schemi foriero di nuove visioni e nuove connessioni neurali. Chi mi conosce sa già che da tempo sto approfondendo alcuni temi in relazione al rapporto tra tecnologie digitali e facoltà cognitive, con studi interdisciplinari tra psicologia, neuroscienze, filosofia e mindfulness. Il focus è cercare di comprendere come l’iperconnessione ci stia deprivando di importanti dimensioni di vita e inficiando alcune capacità intellettuali.
Se da un lato Internet ci permette infatti di lavorare, condividere sapere e comunicare come mai prima nella storia (si parla infatti di iperstoria), dall’altro l’uso intensivo di smartphone e computer sta seriamente compromettendo la nostra intelligenza, la nostra memoria e abbassando la nostra soglia di attenzione. Ne ho parlato spesso nei miei corsi, con il progetto Digital Detox Design e anche nelle aule di scuola, sia con progetti ad hoc che come volontario del Movimento Etico Digitale.
I sintomi: multitasking e infobesità
Siamo all’interno di credenze errate, di falsi miti che anziché permettere l’espressione del nostro potenziale, ostacolano il manifestarsi della meraviglia della nostra mente. Il tanto osannato multitasking, ad esempio, non esiste. Il nostro cervello svolge una e una sola attività alla volta.
Impegnati in più compiti contemporaneamente incappiamo in errori dovuti alla distrazione, aumenta lo stress, diveniamo più irritabili e meno propensi a cambiare le nostre abitudini, anche quando sbagliate. Facciamo peggio e in più tempo.
Tutto questo ha effetti nefasti anche nella nostra sfera privata: il multitasking prolungato danneggia il cervello, diminuisce le nostre capacità di empatia, di comprensione profonda, la nostra intelligenza emotiva.
Mediamente usiamo il telefono dalle 5 alle 7 ore al giorno. L’82% dei giovani è a rischio dipendenza da smartphone. Siamo inquinati, intossicati. Ci stiamo abbuffando di informazioni senza capire che queste hanno un peso e influenzano i nostri pensieri e i nostri stati d’animo. Stiamo diventando infobesi.
Sarebbe ora di metterci a dieta, di divenire più consapevoli non solo dei carboidrati che ingeriamo o del numero passi della giornata ma anche delle informazioni e delle emozioni di cui ci nutriamo.
Ascoltare le emozioni
Quanti etti di rabbia abbiamo consumato, quanti kili di felicità? Quante notifiche abbiamo ricevuto e quanti messaggi abbiamo inviato? Erano frutto di ragionamento oppure sono stati scritti o letti frettolosamente? Quali emozioni veicolavano? Ce li ricordiamo? È importante saperlo, per noi, per le persone che amiamo e anche per le imprese di cui facciamo parte.
È importante familiarizzare con stati in cui la mente si calma, si ammorbidisce, si rende disponibile a un ascolto profondo. Proprio come ci accade quando andiamo al Cinema.
Nel momento in cui ci accomodiamo sulla poltrona e si spengono le luci avviene infatti qualcosa di speciale: un attimo di nulla, di silenzio in cui ci prepariamo ad accogliere significati, storie, emozioni. Un istante di vuoto.
Il potenziale del Cinema
Il vuoto non è il nulla. Ce lo spiegano bene il Buddhismo e la fisica quantistica. Il vuoto è potenzialità infinita.
Lasciare spazio a dimensioni dell’esistenza che spesso trascuriamo fa sì che idee scintillanti, ricordi, intuizioni possano affiorare spontaneamente. Il Cinema può quindi rappresentare un’occasione preziosa per sottrarci dalla banalità del quotidiano, per donarci il tempo di elaborare il nostro vissuto, per respirare. Un “guardare fuori per guardare dentro” che permette di attuare un processo di metacognizione che tanti pensatori e mistici ci hanno tramandato come mezzo privilegiato per un vita più consapevole e, in definitiva, più libera e felice per noi stessi e per gli altri.
Un solo film può offrire spunti di riflessione in grado di modificare il nostro pensiero. Una mia amica che mi ha recentemente confidato che la frase di un film, di cui non ricorda né titolo né autore, ha radicalmente trasformato la sua vita e quella di sua figlia spronandole ad affrontare le proprie paure.
Certe pellicole poi possono avere impatti sull’intera società. Come nel caso della vincitrice premio Oscar Sharmeen Obaid-Chinoy che ha documentato le violenze sulle donne in Pakistan. Le sue riprese hanno fatto il giro del mondo e indotto il Governo a modificare una legge sul delitto d’onore. O come sta avvenendo in Italia proprio in questi giorni con il film “C’è ancora domani” che ha contribuito a riaprire il dibattito sull’educazione sessuale e all’affettività nelle scuole.
Una cura a rischio
Tuttavia questa meraviglia che dai fratelli Lumière e Mélies fino ai nostri giorni ha saputo affascinare, interpretare e narrare l’intera comunità umana, oggi manifesta tutta la sua debolezza.
Il sistema Cinema è fragile. I multisala che avrebbero dovuto salvarlo sono non luoghi privi di anime e di pubblico. Le sale nei centri storici sono praticamente scomparse. Le grandi produzioni, ad esclusione di qualche fortunata eccezione, si stanno appiattendo su format standardizzati privi di aura. Il Cinema, quello bello, quello vero, quello coraggioso è in pericolo.
Da un lato vi sono problemi oggettivi di costi, di burocrazia, di distribuzione. Dall’altro la pirateria e la fruizione online che stanno depauperando non solo le casse ma anche la creatività di chi il cinema lo immagina, lo pensa e lo fa.
Ma c’è anche una responsabilità nostra, come pubblico.
Siamo noi infatti che dobbiamo recuperare la capacità di scegliere cosa vedere, di ascoltare le nostre emozioni, di cogliere e interpretare i sottotesti, di vedere i fili invisibili che legano le storie sullo schermo alla nostra. Siamo noi che dobbiamo essere disposti a donarci tempo di qualità, magari distogliendo almeno per un paio di ore lo sguardo dai feed sovraffollati dei nostri account.
Rischiamo di perdere una dimensione fondamentale della nostra cultura perché non siamo più in grado di staccarci dai nostri telefoni, dai flussi ininterrotti di comunicazione che smettono di veicolare messaggi per divenire solo un costante rumore di fondo.
Disconnettersi e ritrovarsi
È ora di disconnetterci, per riconnetterci, di ri-educarci all’ascolto per recuperare un senso più ampio e trovare nuovi orizzonti, spazi di confronto, presenza.
La prossima volta che andremo al Cinema potremmo prestare maggiore attenzione a quell’istante di buio e di silenzio che ci pone nella condizione di cogliere significati altri, di interrogarci, di fantasticare e di uscire, forse migliori, rispetto a quando siamo entrati.