Con lo smart working, i brand più evoluti non si occupano solo di garantire la sicurezza sul posto di lavoro ma anche di sostenere il benessere fisico, psicologico e sociale dei lavoratori.
La salute, non solo fisica ma anche psicologica ed emozionale ha grandi impatti sulla qualità del lavoro e la ricerca di equilibrio tra dimensione personale e lavorativa passa attraverso la presa di consapevolezza delle nostre abitudini. Questo le aziende lo sanno da tempo. Migliorando la salute dei lavoratori le aziende possono essere più attrattive, risparmiano e aumentano l’efficenza mentre i dipendenti sono più felici, lavorano senza stress, si ammalano meno e sono più coinvolti.
Questo trend è stato accelerato dalla situazione attuale dopo che la pandemia ha costretto molti lavoratori allo smart working obbligando imprese, dipendenti e collaboratori ad ampliare la riflessione sul benessere anche in relazione all’uso delle tecnologie digitali.
Nell’era Covid, in cui lo smartworking diviene pratica sempre più consueta, diviene urgente per le aziende formare i dipendenti e i collaboratori sui temi del digital detox, della produttività e del wellness at work.
Lavoro e Benessere digitale
Passiamo sempre più ore connessi a internet. Studiamo, ascoltiamo musica, inviamo messaggio, leggiamo mail, ci informiamo, giochiamo, lavoriamo trascorrendo gran parte della nostra vita online.
Ogni minuto vengono inviati oltre 41 milioni di messaggi Whatsapp, caricate 147.000 foto su Facebook e 500 ore di video su Youtube.
La crescita di dati è stata esponenziale in questi ultimi decenni. Internet, device quali smartphone e tablet, social network e strategie di remarketing ci tengono incollati agli schermi per ore, ci aiutano in tanti compiti ma sono anche una fonte inesauribile di distrazione.
Una società di persone distratte
Veniamo interrotti ogni 180 secondi, specie se lavoriamo fuori ufficio. Controlliamo il nostro cellulare in media 200 volte al giorno, sempre più spesso anche di notte e per per l’80% dei possessori, prendere in mano il cellulare è il primo gesto del mattino. Non riusciamo ad allontanarci dallo smartphone per più di 20 centimetri. Notifiche, mail, aggiornamenti incidono sui nostri stati emotivi e sulla nostra capacità di concentrarci: le distrazioni consumano il 28% della nostra giornata e, secondo Alessio Carciofi, ci fanno perdere circa 2 ore al giorno. Risultato: lavoriamo peggio, in modo meno efficiente e ci stressiamo di più.
“Le ICT dischiudono grandi opportunità, le quali, però, implicano l’enorme responsabilità intellettuale di comprendere tali tecnologie e di sfruttarle nel modo più appropriato.”
Luciano Floridi
Il benessere passa anche dal digital e nell’era Covid, in cui lo smartworking diviene pratica sempre più consueta, diviene urgente per le aziende formare i dipendenti e i collaboratori su questi temi.
Dalla continua esposizione a immagini, notifiche, video, call e mail ne deriva un sovraccarico informativo che non ci permette infatti di lavorare bene. Siamo continuamente distratti e stanchi mentalmente. Ce ne accorgiamo sempre più lavorando da casa. Ciò porta a un calo della nostra capacità di rispondere in modo adeguato alle situazioni e in generale della creatività. Questa infatti per svilupparsi necessita di tempo e di silenzio. Un cervello stanco inoltre tenderà a ripetere gli stessi errori e gli stessi meccanismi.
Difficoltà a concentrarsi, irritabilità, ansia, insonnia sono alcuni degli effetti dall’abuso digitale che si riscontrano più frequentemente.
Il multitasking non esiste.
Facciamocene una ragione.
Anche il mito del multitasking ha dovuto fare i conti con la realtà. Il multitasking non esiste per come lo immaginiamo, è una grande menzogna, come anche recentemente ci ha ricordato Annamaria Testa. Lo smart working richiede nuove modalità di lavoro.
Il nostro cervello, fa sempre e solo una cosa alla volta. Quando si trova svolgere più compiti contemporaneamente dà l’impressione che non sia così perché può essere molto veloce. In realtà però porta avanti più progetti contemporaneamente, concentrandosi ora su uno, ora sull’altro.
Quando ad esempio scriviamo una post e contestualmente parliamo al telefono il nostro cervello per una frazione di secondo scrive e per un’altra frazione parla al telefono. Ciò comporta un gran dispendio di energie e porta a risultati spesso qualitativamente inferiori rispetto a quello che crediamo.
Lo scienziato del MIT Earl Miller ha dimostrato che il multitasking provoca un deficit cognitivo, perché genera errori dovuti a mancanza di attenzione e la University Of London ha constatato che, in chi gestisce più attività cognitive allo stesso tempo, il QI raggiunge livelli simili a quello di chi ha fatto uso di marijuana.
Il multitasking non esiste.
Facciamocene una ragione.
La cosa peggiore è che i danni possono diventare permanenti. Per esempio, uno studio della University of Sussex ha dimostrato che nei “multitasker” l’area del cervello responsabile per l’empatia e il controllo delle emozioni è meno sviluppata. Personalmente non mi stupirei se vi fossero danni anche sulla nostra capacità di memorizzare.
Inoltre ogni volta che completiamo un compito, che sia l’invio di una mail o la sistemazione del nostro desktop, il nostro corpo rilascia dopamina, un ormone che ci stimola l’effetto “ricompensa”.
Questo ci allontana dal concentrarci su progetti complessi e può provocare nel tempo una sensibile riduzione del quoziente d’intelligenza e soprattutto generare comportamenti che tendono sempre più a ignorare ciò che è più rilevante per noi.
Il costante passare da un’attività all’altra incoraggia il nostro cervello a sviluppare pessime abitudini e lo smart working non fa che peggiorare la situazione. Sovraccarichiamo la nostra memoria a breve termine e di lavoro e smettiamo di nutrire quella a lungo termine, dove sviluppiamo le nostra capacità cognitive più evolute. Ti è mai capitato di fare mille cose in un giorno e poi di non ricordare esattamente quali? Cosa ti resta il giorno dopo? Cosa hai realmente appreso?
L’uso eccessivo dello smartphone può provocare dolori articolari e muscolari. Alcuni studi internazionali hanno evidenziato che il 70% degli adolescenti manifesta dolore al collo, il 65% alla spalla e dolore al polso e alle dita nel 46% dei casi. Anche la vista viene messa a dura prova a causa delle luci blu degli schermi e della lettura talvolta difficoltosa dei caratteri.
La situazione è più seria di quanto crediamo. Quasi tutti noi infatti stiamo diventando dipendenti dai nostri cellulari senza accorgercene.
Cosa possiamo fare dunque per migliorare le nostre performance e in generale la nostra vita lavorativa e privata?
I trucchi possono essere molti, come quelli riportati anche in modo semplice ma esaustivo nel bel libro di Monica Bormetti “#Egophonia, gli smartphone tra noi e la vita”, ma quello che occorre è soprattutto una cultura per utilizzare in modo consapevole e cosciente smartphone, tablet e simili, recuperare sane abitudini di vita e prenderci tempo per le nostre attività fisiche, sociali e culturali.
Non si deve eliminare la tecnologia ma si deve ritrovare un equilibrio perso magari con strumenti utili per il benessere digitale.
Per questo da anni inserisco in ogni mio corso un modulo specifico su come migliorare la produttività, come intervallare momenti operativi e altri di studio e in generale come avere un rapporto equilibrato con le nuove tecnologie, in modo che ci siano di supporto e non di ostacolo.
Tra pochi giorni è Natale. Se vogliamo farci un regalo intanto stacchiamo un po’ il cellulare e recuperiamo tempo di qualità per noi, per le persone a noi vicine e per l’ambiente.
Saper lavorare bene in smart working d’altronde significa anche sapere quando è ora di staccare la spina! Buone Feste e buon digital detox!