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Marketing: tecnica o arte?

Marketing: tecnica o arte?
#Marketing #Idee

Il marketing assomiglia più arte o un dispositivo della tecnica? A un meccanismo o a un’opera orchestrale? In un mondo dominato dalle automazioni tecnica, le analogie con macchine e computer si sprecano. Ma è davvero così? O è forse il momento per nuove metafore?

C’è una tecnica per tutto: per aumentare la produttività, per ottimizzare i tempi, per “rimorchiare”, per diminuire lo stress, per guadagnare di più, per avere glutei sodi come noci di cocco. Questa cultura della tecnica si diffonde a ogni livello. Esperti di programmazione, di finanza, di fitness e di oleodinamica: ovunque l’expertise pare coincidere con un bagaglio di conoscenze teoriche e pratiche, con la risposta giusta al momento giusto, con i dati aggiornati e le slide sempre pronte per il prossimo meeting. D’altra parte, come nella canzone di Laurie Anderson: only an expert can deal with the problem.

Peccato che non sempre queste capacità riescano a vedere oltre la tranquillizzante e autovalidante cortina di numeri che li avvolge. Mi sorprendo ancora di fronte alla cecità di certe imprese che esaltano alcuni manager per la loro indubbia e solida preparazione nel settore quando manifestano evidenti difficoltà a entrare in sintonia con le persone con cui dovrebbero collaborare. 

Mappare un territorio insondabile

Anche il marketing, ovviamente, non sfugge a queste dinamiche. I dati costituiscono una parte importante della disciplina, a volte sembrano tutto. L’ingegnerizzazione delle comunicazioni umane, a partire dal modello di Shannon e Weaver, è un tentativo di rassicurare, di fornire certezze in un contesto in cui nulla è fisso e immutabile.

tecnica
Mark Rothko. Giallo su viola, 1956

Il marketing come arte e non come tecnica

A ben guardare fare marketing è qualcosa di molto più incerto di quello che pensiamo. Le variabili in gioco sono infinite e, che lo si voglia riconoscere o meno, non possiamo sapere cosa davvero funzionerà. Spesso capita che epifenomeni sociali divengano trend di mercato senza alcuna apparente spiegazione e ancora più spesso sedicenti professionisti della comunicazione tentano tripli carpiati semiotici per renderci edotti dell’ovvietà (tutta da dimostrare) di questi eventi.

La realtà è molto più instabile, priva di tracciati e di certezze sui risultati. 

Al posto di questo marketing muscolare e meccanicistico trovo più interessante proporre un approccio che integri livelli diversi, prospettive e pratiche più fluide fondate sull’osservazione, la presenza e la creatività. Qualcosa insomma che ha molto più a che fare con l’arte che con la scienza, che si sveste di giacca e cravatta per sperimentare nuovi look e trasformazioni.

Togliamoci quindi dal mondo delle  “5 tecniche per attrarre il tuo target” e “Del come ottenere più like in 13 semplici passi” per scoprire, che possiamo fare marketing senza fare marketing. Solo allontanandoci dagli stereotipi possiamo cogliere il valore di chi si occupa di mantenere un clima sereno in azienda, valorizzando l’interno per comunicarlo bene all’esterno, di chi chiede ogni giorno “come stai?” hai propri collaboratori, di chi è in grado di leggere non solo statistiche e prospetti ma anche i piccoli segni sulla pelle, gli sguardi, la postura delle persone con cui si confronta e di farlo a partire da sé.

Curare le relazioni per migliorare la comunicazione

Quando non stiamo bene con noi stessi, non possiamo esserlo con gli altri. 

Quante volte l’abbiamo sentito dire? Si tratta di un’affermazione che ci mette d’accordo unanimamente ma che spesso viene dimenticata. Spesso la pensiamo riferita ai comportamenti di singoli individui in contesti famigliari o amicali e meno a quelli di organizzazioni e imprese. Peccato, perché ci stiamo perdendo qualcosa di importante.

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Lucio Fontana. Concetto spaziale. Attese, 1964

La consapevolezza di sé, delle relazioni e delle emozioni sul posto di lavoro è punto di partenza per fare bene quello che si fa. Se ci sono tensioni irrisolte, dei “non detti”, contrasti tra collaboratori e fornitori anche il piano editoriale ne risente, la creatività ne uscirà ammaccata, l’intervista al direttore meno brillante. Non parliamo poi degli effetti a cascata su rete vendita e sulla motivazione dei dipendenti.

Per questo è necessario promuovere attività interne di formazione che valichino i confini del “quando programmare un post” per approdare su altri lidi capaci di approfondire la struttura portante di un’azienda. Un pochino, a mio modo, cerco di farlo.

Un flusso in divenire

Il marketing non può essere altro che un progetto in costante trasformazione. La ricerca di soluzioni sempre diverse e adatte ai singoli casi specifici impone, più che l’acquisizione di un metodo standard, l’assunzione di una mentalità propensa al cambiamento, di stabilità emotiva e di un’attitudine aperta e ricettiva.

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Marcel Duchamp. Fontana, 1917

Un cambio di prospettiva

Quanti corsi avete seguito su modulistica, sicurezza, gestione del tempo e utilizzo di gestionali e quanti per migliorare le nostre capacità percettive, relazionali ed emotive?

La conoscenza tecnica prende la forma di uno strumento solo se accompagnata da una profonda comprensione del contesto in cui è applicata e dalla creatività nel suo impiego e le tecniche di marketing non esulano da questo schema.

È forse giunti il momento di riconsiderare il marketing non all’interno di una cornice tecnica ma come un’arte che non può essere ridotta a formule, che è sempre più della somma delle sue parti, che per essere vicino al cuore dei clienti deve anzitutto esserlo a quello di coloro che lo progettano. L’artista, e non il tecnico, diviene così un’analogia più affine e fedele a ciò che un buon marketer dovrebbe assomigliare per creare esperienze di valore ed empatia.

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