La strategia di Pornhub e il content marketing al centro di un talk lo scorso 1° ottobre a Bologna Design Week 2016 con Emanuela Ciuffoli.
Con Emanuela Ciuffoli abbiamo parlato di content marketing in modo in un incontro ironico-erotico, un simposio serio ma non serioso sulle nuove frontiere del content marketing, con uno sguardo diverso, accattivante, a tratti irriverente…. e un po’ eccitante. Emanuela è co-autrice con Erika D’Amico e Marco Pulzelli, agenzia Gazduna, del libro “Pornhub. Cosa puoi imparare dal porno per il tuo business”, a breve in libreria grazie a Sossella Editore. Riporto alcune delle riflessioni che ho condiviso per introdurre l’argomento.
Partiamo da un dato di fatto. La presenza sul web rappresenta oggi il centro di una relazione profonda tra Brand e clienti, partner e dipendenti.
“Content is King” – Bill Gates, 1996
MA COS’È IL CONTENT MARKETING?
Il Content Marketing è una forma di marketing finalizzato all’acquisizione, alla fidelizzazione e al coinvolgimento di clienti attraverso la creazione e la condivisione di contenuti (articoli, video, tutorial ,infografiche, webinar, etc. ) di interesse per questi.
Lo scopo del content marketing non è direttamente vendere ma informare il cliente per generare con esso una relazione stabile fruttuosa e duratura.
Se è vero che normalmente non aiuta a vendere un articolo nell’immediato, sicuramente un’attività pianificata di contenuti “sticky” contribuisce alla costruzione di un rapporto fiduciario profondo con il cliente/utente, qualcosa che va ben oltre il processo di acquisto e, che se supportato da una strategia precisa, può produrre risultati durevoli. Qualcosa di valore inestimabile che in un mercato fortemente concorrenziale, può rappresentare il metro di giudizio tra i sommersi ed i salvati.
C’è chi ritiene il content marketing come un’attività appannaggio di grandi Brand a causa degli investimenti e del tempo che questa richiede. Ma non è così.
Un esempio positivo di PMI che ha saputo sfruttare la vitalità della rete, come Emanuela Ciuffoli ci spiega nel suo libro, ci è offerto dalle Onoranze Funebri Taffo.
Questa Azienda ha raccolto su Facebook più di 12000 fan grazie a post che sfruttano con coerenza “letale” i temi del giorno nell’agenda mediale (dalla morte di Bialetti alla diffusione di #petaloso passando per Star Wars e le il DDL Cirinnà) riuscendo nel difficile compito di rendere la morte un tema sticky, un argomento che attrae e incentiva la “spreadbility” del contenuto, vale dire la sua capacità di diffondersi.
L’azienda Taffo G&C ha quindi avuto la capacità e il merito, grazie ad un’attenta attività di content curation, di diventare un brand in un settore difficilissimo, spesso vittima di scaramanzie e pregiudizi, generando attenzione e curiosità verso un prodotto di cui in pochissimi amano parlare.
MA COME SI CREANO CONTENUTI EFFICACI?
Ecco 5 punti da non dimenticare.
SAPERE CON CHI STIAMO PARLANDO
Per fare questo, per prima cosa, occorre un cambio di prospettiva, capire con chi stiamo parlando. È impossibile creare questo rapporto finché il cliente verrà percepito come mero fruitore di un prodotto o servizio. Possiamo infatti stabilire un dialogo con l’altro solo se ci prendiamo il tempo di ascoltarlo e capirlo, individuando il tipo di linguaggio, adattando la comunicazione al tipo di persona e ad i suoi interessi, usando argomentazioni consone al nostro interlocutore. Dovremo personalizzare il più possibile, nello stile e nei contenuti il nostro modo di interloquire.
In questo modo entriamo in contatto profondo, condividendo valori ed impressioni, costruendo storie e noi umani siamo avidi di storie. Che si tratti di un film, di una favola letta prima di dormire, di una biografia o addirittura di un fatto di cronaca ciò che cerchiamo è una storia, con personaggi, eroi, antieroe e un plot narrativo coerente.
Un cantastorie sa narrare la realtà in modo immaginifico se volete ma non per questo falso. Per questo il secondo punto riguarda proprio la sincerità, la trasparenza in quello che si è e si fa.
TRASPARENZA
Il Marketing 2.0 a mio avviso è necessariamente organico, creaturale, perfettamente integrato in un sistema più ampio di relazioni online e offline (oggi è molto di moda parlare di native marketing). L’etica, nell’epoca dei big data, è un tema decisamente controverso ma mi piace pensare ad un marketing etico e limpido che crei davvero opportunità, valore e fidelizzazione.
Grazie a blog e social network chiunque può scrivere recensioni, commentare e cambiare radicalmente le sorti di una campagna pubblicitaria. Ne fu un caso celebre quello di Nike che si vide costretta ad una comunicazione di emergenza in seguito alla pubblicazione di una fotografia che ritraeva un bambino intento a cucire un pallone da calcio.
A volte proprio per la paura del commento negativo alcune aziende preferiscono restare ai lati di questo nuovo flusso e non utilizzare al meglio i canali web. Ma, in questo paradigma, le trappole non sono rappresentate dai Social o dai blog, ma da un modo errato di applicare regole passate per sfide presenti. Se intendiamo evolvere verso un’idea ecologica del marketing, capace di stimolare conversazioni, occorre sincerità.
USCIRE DALLA NOIA
La noia uccide. Spesso le Aziende si lamentano degli scarsi risultati apportati dal content marketing, non riuscendo a creare contenuti interessanti o a cogliere i parametri di KPI e quindi valutare correttamente il ritorno di investimento per questo preferiscono fare campagne con banner sui portali verticali con risultati immediati ma spesso limitati nel tempo.
In realtà continuano a proporre e riproporre le stesse notizie, in modo autoreferenziale e autopromozionale. Avete presente quelle persone che parlano solo quello che fanno tutto il tempo senza cogliere minimamente i feedback dell’interlocutore? Quando potete, se le incrociate per strada cambiate via, vero?
Ciò che sfugge è proprio l’importanza di produrre contenuti interessanti per chi ascolta e non solo dal punto di vista di chi sta parlando. Questa necessità diviene l’opportunità per un salto evolutivo nel modo di concepire l’intero sistema di rapporti e flussi di comunicazione, di conversazioni.
Queste conversazioni non devono più essere generiche ma generative, ossia non devono spargersi al vento sperando di arrivare ad un utente anziché un altro. Esse devono svolgersi in modo specifico per generare interazioni reali, occasioni vive e vivaci, altrimenti sarà solo chiacchiericcio. A volte occorre un po’ di coraggio.
Il quarto punto possiamo riassumerlo così:
PER FARE MARKETING NON BISOGNA FARE MARKETING
Abbiamo visto come fare marketing oggi significhi conoscere con chi parliamo, esplorare i comportamenti umani, gli ambienti, le relazioni. Questa ricerca ha a che vedere con la psicologia, la filosofia, gli stili di vita. Non con la sola analisi finanziaria.
Scrive Giuseppe Morici in “Fare Marketing rimanendo brave persone”:
“Un uomo di marketing dell’Harley-Davidson spiegò in una conferenza che in fondo il segreto della Harley-Davidson non era il fatto di vendere le migliori motociclette del mondo, ma piuttosto quello di vendere ad un ragioniere americano di cinquant’anni la possibilità di vestirsi di pelle nera, di correre per le strade dei paesini sperduti di campagna e di spaventare le vecchiette.”
E LA PASSIONE?
Amare quello che si fa ci permette di svolgere un lavoro migliore (e di tenerci vivi).
Curioso di sapere cosa c’entra Pornhub in tutto questo?
Non perderti il prossimo articolo che pubblicherò a breve!
E se hai domande, dubbi o riflessioni è un piacere per me ricevere un tuo feedback!
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